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Papa Francesco, l’unico leader che ha capito l’orrore della guerra in Siria

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

“Non si combatte il male con il male”. Erano passate da poco le dodici di domenica scorsa quando papa Francesco, pronunciando queste parole al riguardo della Siria e delle azioni disumane che lì vengono perpetrate, ha dimostrato di essere l’unico leader ad aver capito cosa sia successo e stia ancora accadendo nel mondo arabo. Le sue parole infatti inchiodano sia chi sta da una parte della barricata, chi dall’altra. I grandi sommovimenti susseguitisi dal 2011 infatti sono stati chiaramente una rivolta popolare contro gli “stati barbari”, dalla Tunisia alla Libia, dall’Egitto allo Yemen, dalla Siria al Bahrein, dai territori negati ai curdi a quelli divenuti “sauditi”, dove pure si è espresso malessere.

Qualcuno, sbagliando, ha ipotizzato che le cose non stiano così, visto che dopo la rimozione di Hosni Mubarak è arrivato l’integralista islamico Mohamed Morsi. Ma quella vittoria fu resa possibile solo dalle grottesche divisioni del fronte laico-progressista, i cui tanti candidati messi insieme ottennero più voti di Morsi. Ma la solidarietà negata ai popoli in rivolta contro gli “stati barbari” ha avuto in Siria il suo apice, dove un regime plasmato negli anni Settanta anche grazie al contributo del gerarca nazista Alois Brunner è stato presentato come laico, pur essendo tribale, e come nemico dei terroristi, pur essendo terrorista, come dimostrano gli assedi selvaggi, come quello della Ghouta, dove dal 2013 a 400mila persone non è consentito di ricevere generi di prima necessità, cibo, medicine. E ora a quelle 400mila persone vengono somministrate bombe, in qualche caso anche quelle proibite dalle convenzioni internazionali.

Nel caso siriano, ovviamente, sono stati in molti a non capire che “non si combatte il male con il male”. Da una parte coloro che hanno sostenuto nel mondo “civile” Assad, dall’altra parte quei suoi rivali arabi che hanno imbottito di aiuto quei gruppi jihadisti che si sono impossessati della rivoluzione siriana sequestrando i suoi leader, già ricercati da Assad, come la signora Zaitoune, scomparsa da anni dopo aver guidato il movimento non violento e sequestrata dagli infiltrati jihadisti a Douma nel 2013.
Ma la mancata comprensione della profonda verità ricordata da papa Francesco, che non si combatte il male con il male, ha finito col riguardare anche gli europei, distratti davanti al conflitto siriano fino a trovarsi sommersi dalle sue conseguenze, la marea di esuli che ha colto assolutamente impreparata l’Europa. Costretta a negare sé stessa, l’Europa riscopre così la tolleranza verso l’intolleranza, che soffia come un vento prepotente nelle vele di tanti movimenti xenofobi ovunque. Se un sondaggio tedesco dice che la nuova formazione xenofoba scavalcherebbe la vecchia SPD, la preoccupazione riguarda anche tanti altri paesi. E non potrà non sorprendere che nonostante l’ampio dibattito al riguardo in Italia, un dibattito che ha visto qualcuno sostenere che sui barconi potrebbero nascondersi anche terroristi, nonostante che appaia poco credibile che una “merce” così pregiata venga esposta al rischio di finire in mare, di morire in mare; c’è voluto l’ex presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick per ricordarci proprio in queste ore, in questo contesto, che l’articolo dieci della nostra Costituzione prevede il varo di una legge sul diritto d’asilo, disposizione costituzionale ancora non attuata dal Parlamento.
 Eppure “non si combatte il male con il male”, non si affronta un’emergenza umanitaria come questa senza la consapevolezza delle sue cause né dei nostri ritardi legislativi, o del fatto che “a rubare il lavoro agli italiani” sia infinitamente di più la delocalizzazione che la presenza di stranieri.
Papa Francesco dunque è venuto a svegliarci dal vizio di dividerci come ultras allo stadio, appassionati solo dei toni alti, invitandoci a vedere come il mondo non si capisca vedendolo in bianco e nero, fuori dai nostri confini e dentro i nostri confini. La vicenda siriana e la sua rappresentazione, molto diversa dalla realtà, ha svolto un ruolo cruciale anche nell’aggravare la crisi europea. Bergoglio domenica scorsa ha parlato di Siria, epicentro di una crisi umanitaria, bellica, culturale, che coinvolge ormai altri due continenti.
Quel discorso dunque rimane di enorme attualità ancora a giorni di distanza, mentre si arriva a leggere, da chi la vede in modo opposto al suo, che alla Ghouta si combatterebbero dei terroristi; 400mila terroristi, tra i quali tantissimi bambini, migliaia dei quali assonati in questi anni, giovani madri, anziani, tutti ridotti a pelle e ossa visto che dal 2013 si nutrono con zuppe fatte con qualche foglia caduta per terra. Una realtà che non può che ricordare il barbaro assedio di Sarajevo, davanti al quale Giovanni Paolo II osò invocare il diritto all’ingerenza umanitaria. Ma diplomazie poco inclini a pensare ai guasti che certe ferite arrecheranno a tutto il contesto regionale non prestarono attenzione allora a Giovanni Paolo II come oggi sembrano preferire combattere il male con il male piuttosto che ascoltare Papa Francesco.
(Riccardo Cristiano, Il Fatto Quotidiano, di , 2 marzo 2018)

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