sabato, Aprile 20, 2024

Educazione e formazione: il ruolo del seminatore.

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

La metafora del giardiniere può ancora essere usata anche da chi vive ormai urbanizzato da anni e non ha nessuna esperienza di coltivazione, né si sente più in sintonia  con nonni o bisnonni contadini…

Infatti basta un balcone, un piccolo giardino ed ecco che spesso ci attrae quest’idea in se bellissima di seminare, di piantare e in ultima analisi di raccogliere, se non altro, la bellezza e il profumo di un fiore.

Non è dunque incomprensibile una riflessione sull’educare/formare che abbia come immagine quella del “giardiniere”.

Quando piantiamo un seme possiamo cadere in “tentazione”. Parola così abusata che non ci fa più riflettere sul suo vero significato, che è, mettere se stessi, i propri progetti, le proprie aspettative, le proprie comodità, al centro. Non lasciare che l’altro sia altro.


Quando piantiamo un seme possiamo essere tentati di curarlo eccessivamente, annaffiarlo troppo, concimarlo troppo, spostarlo da un luogo all’altro per favorire la sua crescita. Ma quello che otterremo sarà che quel seme morirà soffocato dalle nostre attenzioni.

O possiamo pensare che sia sufficiente curarlo ogni tanto, che il sole basterà a farlo crescere, che qualche sporadica annaffiatura lo farà vivere. Insomma  siamo convinti che non debba rovinarci la vita con le sue esigenze. Ma quello che otterremo sarà una piantina striminzita  che alla fine morirà.

O possiamo illuderci che quel seme, programmato per essere una piccola pianta ornamentale, con le nostre cure diventerà una pergola profumata, un arbusto grande e forte. Con tutte le attenzioni che gli diamo non può deluderci, pensiamo. Ma saremo delusi quando quella pianta rimarrà… quella che doveva essere!

Chi pianta qualcosa si aspetta sempre dei risultati. E’ umano. E spesso non ottenendoli si sente frustrato, tradito, triste. 

Ora più che mai, in un epoca in cui il profitto, la “resa”, è sinonimo di successo, il ruolo del raccoglitore è preminente.

Ma quando parliamo di educazione/ formazione è il seminare l’azione più importante. 

“Seminare” senza la fretta/presunzione di raccogliere.

Come il giardiniere (troppo protettivo), spesso soffochiamo gli altri  giustificandoci che è per il “loro bene”. Quanto male si fa con questa scusa. Si privano i figli della loro autonomia, del loro coraggio, della loro libertà. Si allevano cristiani senza spirito critico, infantili e sottomessi. Si educano allievi pavidi, comodi e ignoranti. In realtà non è per il loro bene, ma per il nostro. Vogliamo avere frutti e goderne. Temiamo le sconfitte e le critiche.

Ovviamente anche la distrazione e l’incuria, un affidarsi al destino, a un fatalismo ottuso, non fa che rivelare che l’importante è il “giardiniere” e non il seme.  Così il genitore che fa la sua vita , che lascia i figli “liberi” di essere quello che vogliono (anche di distruggersi), che non pensa di avere un compito di protezione e di guida…o il prete che “fa quello che può”, che accetta ogni visione (anche antievangelica) per comodità, che fa la “sua vita”, che dice allegramente “che Dio provvederà” o l’insegnante che non si impegna perché “con questi ragazzi è inutile…”. In realtà a questi “giardinieri” non interessa nulla dell’altro…

La terza tentazione è infine quella del pretendere da un uomo ciò che egli non è, ne potrà mai essere. Genitori che spingono i figli a realizzare i loro sogni anche quando ciò è evidentemente impossibile “diventerai un grande…”, “io no, ma tu devi…”, “laurea…”, “eccellenza sportiva” “tanti soldi… successo”. E quasi sempre manca il talento, o “quel” talento. Così c’è delusione e rifiuto anche doloroso. Addirittura negazione dell’amore. Preti/educatori che si aspettano risposte pronte, adesioni assolute ai loro progetti… Anche qui il giardiniere , il suo successo, i suoi “risultati” prevalgono sul bene del “seme”.

Gesù, Maestro per eccellenza, insegna che la cosa più importante è il seminare… quel gesto ampio e tranquillo e pieno di libertà. Il seme cade dove capita e talvolta muore. Il frutto non è immediato, ne garantito. Ma quel giardiniere non si scoraggia, né forza le sue cure, né costringe nessuno a fiorire. Lascia ad ogni seme la sua libertà. Lascia ad ogni uomo la  responsabilità di diventare quello per cui è nato (Mc 4,26-32; Mt 13,1-23; Lc 8,4-15).  
Ma come lui ha testimoniato con la sua stessa vita è l’amore che lo ispira. Ed è l’amore che fa la differenza. Infatti:

“Chi ama è paziente e premuroso

Chi ama non è geloso

Non si vanta

Non si gonfia d’orgoglio-

Chi ama è rispettoso

Non va in cerca del proprio interesse

Non conosce la collera

Dimentica i torti

Chi ama rifiuta l’ingiustizia

La verità è la sua gioia.

Chi ama, tutto scusa

Di tutti ha fiducia

Tutto sopporta

Non perde mai la speranza.
( I Cor 13,4-7)

Dunque ciò che conta è il seminare con amore. Questo solo è il nostro compito.
don Paolo Zambaldi

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