venerdì, Aprile 19, 2024

Vuoto di Carità, vuoto di Cultura: un linguaggio senza origini (Pier Paolo Pasolini) #68Celebration

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

(Prefazione a una raccolta di Sentenze della Sacra Rota, a cura di Francesco Perego, marzo 1974, tratto da: Pasolini Pier Paolo, Scritti corsari, Collana Memorie documenti, Milano, Garzanti, 1975)

  
Finché la Chiesa, il mondo contadino, la borghesia paleoindustriale erano un tutto unico, la Religione poteva essere riconosciuta in tutti e tre questi momenti di una stessa cultura. Anche – ed è tutto dire – nella Chiesa: nel Vaticano. I delitti contro la Religione perpetrati dalla Chiesa – se non altro per il fatto stesso di esserci – erano giustificati dalla Religione. Era possibile prestar credito, cioè, al qualunquismo umanistico dei suoi prelati secondo cui, appunto, il fine poteva giustificare i mezzi: un’alleanza col Fascismo per esempio poteva parere un mezzo giustificato dal fine, consistente nel preservare, per i secoli futuri, la Religione.

D’altra parte niente poteva far pensare che il mondo contadino, religioso (e la borghesia paleoindustriale di origine contadina) sarebbe così rapidamente finito. Esso perciò aveva diritto alla sua Religione e alla sua Religione codificata (contraddizione in termini che non poteva tuttavia toccare un contadino, lucano o bretone, friulano o andaluso, il cui modo di essere religioso era molto al di qua di tale contraddizione).

Il Concordato della Chiesa col Fascismo è stata una cosa molto grave, allora, al momento di quella firma che fu una bestemmia al cospetto di Dio: ma è molto più grave oggi. Perché? Perché il popolo italiano di allora era «solidale» – nel senso che danno a questa parola gli strutturalisti – alla Chiesa. E la Chiesa, pur di ripristinare col popolo l’agape perduta, poteva permettersi il lusso «cinico» di passare sopra la vergogna del Fascismo.

Ma oggi il popolo non è più solidale con la Chiesa: il mondo contadino, dopo circa quattordicimila anni di vita, è finito praticamente di colpo. Il Concordato, ancora vigente, tra la Chiesa e lo Stato post-fascista è dunque una pura e semplice alleanza di potere, neanche più giustificato oggettivamente dalla presenza dell’anonimo religioso contadino. Prendiamo la famiglia. Anzi, per mimetismo con l’ingrata materia, la Famiglia. Nel mondo religioso contadino (tutte le religioni del mondo sono profondamente simili fra loro) la Famiglia era la Cellula della Chiesa: non ci sarebbero potuti essere Dei nei templi se non ci fossero stati i Lari nella capanna.

Nel tempo stesso, la Famiglia era il nucleo di quello stato economico (appunto contadino: il ciclo delle stagioni, il tipo di produzione e consumo, il mercato, il risparmio, la povertà, la schiavitù) in cui era possibile, anzi, storicamente insostituibile, la presenza della Chiesa. Economia contadina e Chiesa sono un’unica realtà. Anche quando attraverso la prima rivoluzione industriale ha cominciato a formarsi la borghesia moderna. Ma è a questo punto che è cominciata la dissociazione cinica della Chiesa: essa è venuta a patti, per ragioni di potere, con una classe sociale la cui fede non era più pura, o addirittura era finita.

La Chiesa ha strumentalizzato tale nuova classe dominante e se ne è lasciata strumentalizzare. C’era l’immensa mandria del popolo (ancora ripeto, classicamente religioso) che andava governato e tenuto in mano. Ma, presumiamo nella Chiesa la buona fede, e interpretiamo il suo abbietto patto coi fascisti come un modo per restare solidale con quel popolo ormai sfruttato e affamato. Oggi la Famiglia non è più – quasi di colpo -quel «nucleo», minimo, originario, cellulare dell’economia contadina com’era stata per migliaia di anni. Di conseguenza, per un contraccolpo perfettamente logico, la Famiglia ha cessato anche di essere il «nucleo» minimo della Chiesa.

Che cos’è, oggi, la Famiglia? Dopo aver rischiato, praticamente, di dissolvere se stessa e il proprio doppio mito economico-religioso -secondo le previsioni progressiste degli intellettuali laici – oggi la Famiglia è tornata a essere una realtà più solida, più stabile, più accanitamente privilegiata di prima. É vero che, per esempio, per quanto riguarda l’educazione dei figli, le influenze esterne sono enormemente aumentate (tanto, ripeto, che a un certo punto si è pensato a una definitiva risistemazione pedagogica, del tutto fuori dalla Famiglia). Tuttavia la Famiglia è tornata a diventare quel potente e insostituibile centro infinitesimale di tutto che era prima. Perché? Perché la civiltà dei consumi ha bisogno della famiglia. Un singolo può non essere il consumatore che il produttore vuole. Cioè può essere un consumatore saltuario, imprevedibile, libero nelle scelte, sordo, capace magari del rifiuto: della rinuncia a quell’edonismo che è diventato la nuova religione. La nozione di «singolo» è per sua natura contraddittoria e inconciliabile con le esigenze del consumo. Bisogna distruggere il singolo. Esso deve essere sostituito (com’è noto) con l’uomo-massa. La famiglia è appunto l’unico possibile «exemplum» concreto di «massa». É in seno alla famiglia che l’uomo diventa veramente consumatore: prima per le esigenze sociali della coppia, poi per le esigenze sociali della famiglia vera e propria.

Dunque, la Famiglia (riscriviamola con la maiuscola) che per tanti secoli e millenni era stata lo «specimen» minimo, insieme, della economia contadina e della civiltà religiosa, ora è diventata lo «specimen» minimo della civiltà consumistica di massa.

La Chiesa nel suo rigido (e irreligioso) praticismo, e nel suo trionfalistico ottimismo escatologico (quel Fine che orrendamente ha giustificato nella sua storia tutti i mezzi) ignora questa sostanziale trasformazione della Famiglia: ciò di cui essa prende atto è il solito atto formale: cioè che la Famiglia sussiste (dopo aver rischiato di scomparire, in un diverso «sviluppo», di carattere umanistico, laico, marxista) ed è estremamente importante. Che cosa ha a che fare con la Religione una Famiglia intesa come «base» della vita di un mondo totalmente industrializzato, la cui unica ideologia è un neo-edonismo completamente materialistico e laico, nel senso più stupido e passivo di questi termini? Il rapporto completamente esteriore, calcolato, formale (e grettamente pietistico) della Chiesa con tale nuovo tipo di Famiglia, può essere esaminato sotto vari aspetti e su vari piani. Il punto di vista del problema del divorzio (col quale la Sacra Rota si è messa cinicamente in competizione) è uno dei tanti punti di vista con cui il rapporto della Chiesa con la Famiglia può essere analizzato. (…)

Pier Paolo Pasolini

Scritti corsari è una raccolta di articoli che Pier Paolo Pasolini pubblicò sulle colonne delle riviste Corriere della Sera, Tempo illustrato, Il Mondo, Nuova generazione e Paese Sera, tra il 1973ed il 1975e che comprende una sezione di documenti allegati, redatti da vari autori. Uscì in libreria postumo, nel novembre 1975, ma lo scrittore ne aveva già revisionato le bozze presso l’editore Aldo Garzanti.

Si tratta di una raccolta di interventi il cui tema centrale è la società italiana, i suoi mali, le sue angosce. Lui, figura solitaria, lucido analista, crudo e sincero, si scontra con quel mondo di perbenismo e conformismoche è responsabile del degrado culturale della società. Controcorrente, riesce ad esprimere, con grande chiarezza e senza fraintendimenti, tesi politichedi grande attualità tutt’oggi, con uno spirito critico raro e profondo, e trattando tematiche sociali alla base dei grandi scontri culturali dell’epoca come l’abortoe il divorzio.

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