sabato, Aprile 20, 2024

Il Popolo di Dio sia protagonista sulla questione della pedofilia del clero, come chiede papa Francesco. Il sistema clericale non incassi senza fiatare, more solito. Alcune proposte di Noi Siamo Chiesa.

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).
Il Popolo di Dio sia protagonista sulla questione della pedofilia del clero, come chiede papa Francesco. Il sistema clericale non incassi senza fiatare, more solito. Alcune proposte di Noi Siamo Chiesa.

La lettera di papa Francesco di ieri al Popolo di Dio sulla pedofilia del clero scuote ogni membro della Chiesa cattolica che si sente umiliato di fronte a un fenomeno così esteso e profondo, ben al di là di quanto si potesse pensare e che è indignato nei confronti di quella parte consistente della gerarchia cattolica che l’ha tollerato e poi nascosto in modo diffuso e continuativo.

Ora, per affrontare al meglio questa vergogna, la parola – scrive  il papa – passa a tutti, chierici e laici, donne ed uomini, diocesi, parrocchie ed ordini religiosi. Nel nostro paese la prima cosa che ci sembra necessaria e urgente è una Giornata Nazionale di “esercizio penitenziale, di preghiera e di digiuno”sia indetta subito come fatto corale, non rituale, di tutta la comunità cattolica. Altri episcopati l’hanno già fatta.

Si tratta poi di capire come sia possibile un protagonismo nuovo del popolo cristiano: come rompere il circolo vizioso che finora ha portato al sequestro della questione della pedofilia del clero nelle mani del sistema che l’aveva nascosta  e che ha cercato di mortificare e di contenere ogni altro soggetto (ecclesiale o istituzionale) che ha detto la sua, che ha fatto proposte, ma che si è trovato di fronte a un muro di gomma o a tante belle parole? Non è cosa semplice.

D’altronde il popolo di Dio, per essere efficace, non può non interloquire col potere clericale che conosce i fatti, che ha l’autorità canonica per intervenire e per dare riconoscimento alle vittime.

Mi permetto di ricordare il silenzio arrogante con cui sono state accolti negli ultimi otto anni molti documenti e molte lettere aperte ai vescovi del nostro paese, con le quali ci siamo fatti portavoce di un’opinione diffusa, facendo proposte concrete.

Erano e sono queste:

1.  bisogna abbandonare la comoda convinzione (più volte presente in modo esplicito o implicito nei documenti della CEI) che la situazione italiana sia diversa e migliore da quella degli altri paesi. I fatti quotidiani  ci sembrano molto eloquenti;

2.  bisogna decidere unilateralmente da parte dei vescovi, aldilà delle norme ora in vigore, di denunciare alla magistratura i fatti di pedofilia di cui il sistema ecclesiastico venga a conoscenza e non rinviare comodamente la responsabilità di ciò sulle vittime;

3.  bisogna rifiutarsi nei procedimenti canonici (e comunque) di “nascondere” con l’istituto della prescrizione gli atti di pedofilia e le coperture degli stessi; 

4.  bisogna attivare in ogni diocesi, sul modello di quanto avvenuto nella diocesi di Bolzano-Bressanone, un soggetto indipendente e molto autorevole (preferibilmente laicale, maschile e/o femminile) che sia punto di riferimento per le vittime sia nei confronti del vescovo che della magistratura;

5.  bisogna organizzare un Centro nazionale di intervento, di supporto a Centri regionali, per sopperire ad ogni necessità delle vittime (di tipo giudiziario, psicologico, economico…).

Ora il Popolo di Dio in ogni diocesi trovi il modo più adatto (con la contestazione, con la collaborazione o con la pubblica denuncia, a seconda delle situazioni) affinché il problema della pedofilia del clero da questione della casta clericale diventi questione di tutti, perché le vittime di abuso, come tutti i deboli e gli oppressi di cui parla il Vangelo, siano al centro della preoccupazione delle nostre comunità.

Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di “Noi Siamo Chiesa”, Roma, 21 agosto 2018

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