venerdì, Marzo 29, 2024

“La pesca miracolosa”, commento a Lc 5,1-11 (don Paolo Zambaldi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

ANNO C, 10 febbraio 2019, V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO; Is 6,1-2,3-8; Sal 137; 1Cor 15,1-11; Lc 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

 

Oggi il Vangelo di Luca ci racconta l’incontro di Gesù con quelli che saranno i suoi discepoli… Coloro che per lui abbandoneranno ogni cosa, lasceranno trasformare la loro vita dalla sua Parola e, vivendola fino in fondo, daranno a tutti gli uomini la possibilità di liberare sè stessi da sè stessi… dal loro egoismo schiavizzante, dalle tante “prigioni” che accettano, dai tanti idoli che adorano.

Arriviamo allora al cuore del Vangelo odierno: Gesù, ieri come oggi, sale sulla piccola barca della nostra vita quotidiana e ci invita a rischiare in proprio, a metterci in cammino con lui e con tante sorelle e fratelli, ad avviare percorsi di crescita e di liberazione…

Purtroppo questo “muoversi” non è mai stato facile o immediato. Lo sa bene chi scrive per la comunità lucana! Infatti già questa comunità degli inizi aveva le sue difficoltà: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla!”. E allora scopriamo come le domande che si pone una comunità del 90 d.C. siano, in fondo, anche le nostre: “Vale ancora la pena di mettersi a pescare? Vale ancora la pena seminare? Ha senso impegnarsi, testimoniare, rinunciare, lasciarsi provocare dalla Parola?”

Dio già attraverso il racconto biblico invita con amorevole autorevolezza a seguirlo, a fidarsi, a uscire dal chiuso della propria limitata esistenza… Egli chiede coraggio! Chiede rischio! Pensiamo a Noè, ad Abramo che lascia il suo mondo (va esci dalla tua terra…) o è chiamato a sacrificare il figlio Isacco (prendi tuo figlio…), pensiamo a Mosè (prendi il tuo popolo e va in quella terra…), ai tanti profeti di Israele (ad esempio Giona coinvolto da Dio in un viaggio “fuori”… fuori dal suo mondo, ma anche fuori da suo modo di vivere la fede: un falco che diventa colomba!).

Nel racconto del Vangelo di oggi questa chiamata al coraggio, alla fiducia, all’uscita, alla sequela… si rinnova. Ora Dio si e fatto uomo, ora non parla più dalla cima del Sinai, ora si è posto dentro la storia. Ma ancora ripete quella chiamata!

Con la sua presenza, con la sua partecipazione al mondo ci dice ancora “Seguimi! Liberati! La mia Parola è la via, una proposta radicale ed alternativa… su cui scommettere tutta una vita!”

È bello riflettere sulle immagini che questo racconto ci offre! Immagini di una vita quotidiana che forse (almeno qui da noi in Europa…) è cambiata nei modi e nei luoghi (non più la barca o la pesca, ma altre situazioni…) ma non nella sostanza! Infatti nonostante i duemila anni passati siamo sempre precari su questa terra. Vulnerabili; sconfitti; delusi; figli del nostro tempo, quindi sempre un po’limitati (… e questo non dobbiamo mai dimenticarlo!).

Ha un senso parlare oggi di barche, di reti, di pescatori? Sì ha senso se in queste immagini leggiamo la vita che contengono, la loro capacita di comunicare significati che trapassano i secoli.

La barca ad esempio: povera e fragile, ondeggiante e insicura. Potrebbe affondare in un attimo… Potrebbe imbarcare acqua! ma nello stesso tempo è l’unica possibilità per il pescatore di sopravvivere, di prendere il largo, di gettare la rete… La barca simboleggia da sempre la Chiesa, la comunità dei credenti che in mezzo a tante difficoltà, sorretta da Cristo/Parola, naviga al largo. Una Chiesa che Dio ha voluto povera, forte solo della fede, non privilegiata, ma posta in mezzo alle difficolta dell’uomo… Tutto questo suona forse strano a noi così assuefatti a una Chiesa di marmi e di trionfi!

E l’acqua del lago? Fa un po’paura specie a chi vive in terre asciutte. L’acqua nasconde l’abisso, l’oscurità e per il pescatore è: a volte fonte di vita, ma a volte lo tradisce, svela il suo fallimento… L’acqua è l’incognito il mistero che ognuno porta in sé: può far navigare felicemente ma può anche uccidere!

E il pescatore? Un pescatore che non pesca niente è un pescatore fallito! La sua frustrazione è immensa. La sua speranza azzerata. Simone pescatore esperto lava sconsolato le sue reti vuote dopo tanti sforzi: sa per esperienza che bisogna rassegnarsi! Come ognuno di noi quando è disilluso; quando sente la sua impotenza.

A queste realtà, così comuni, quotidiane e povere Gesù si avvicina con compassione, con amore… Ma perchè non partire da un uomo di successo, felice e sazio? magari anche onestamente… perchè l’uomo soddisfatto di se stesso è impermeabile ai rischi, si accontenta del suo piccolo cabotaggio, scambia la felicità con la schiavitù… pensiamo all’homo consumans dei nostri giorni… mentre lo scontento, il povero, l’inquieto, il deluso… desidera altro, magari inconsciamente, è disposto al cambiamento, vorrebbe tanto fidarsi.

Gesù dunque si avvicina a Simone e gli dice “prendi il largo cala la rete!” abbi fiducia. E Simone risponde “sulla tua parola calerò le reti” e le reti tornarono su cariche di pesci. Ancor a questo comando, questo invito a partire, e ancora questo “eccomi”, che attraversa come una luce tutto il racconto biblico.

Sulla tua Parola! Ecco… ripartire dalla Parola questo è il messaggio! La Parola di Dio è quindi la nostra vera regola di vita: ascoltandola e mettendola in pratica impareremo a vivere la presenza di Dio in mezzo a noi, costruiremo insieme a lui il Regno, renderemo questo mondo più umano, restituiremo all’uomo la sua umanità.

I discepoli pescheranno non più pesci ma uomini. Li avvolgeranno in una rete di speranza. Infatti la rete non fa morire chi ci è preso, ma lo conserva in vita, lo tira su dagli abissi! Così la rete dell’amore di Dio ci ripesca dal nulla e ci riporta alla luce.

Simone infine è così sconvolto da Gesù, dal “segno” grande che ha visto coi suoi occhi, che si sente improvvisamente indegno davanti a lui… quell’amore gratuito ed eccedente lo rende desideroso di cambiamenti radicali nella sua vita. La gratuità della carità è infatti è la sola capace di produrre vere trasformazioni. Essa infatti fa del Vangelo un messaggio universale e rivoluzionario. Lo stesso apostolo Paolo ce lo ricorda: “Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”.

Per concludere questa riflessione ricordiamo che:

Gesù pone la sua Chiesa fra gli uomini: non separata, non privilegiata… Lui vuole che essa sia una proposta di salvezza che si realizza qui e ora. Lui non ama altri mondi ma questo mondo, questi uomini! Ama noi che siamo, come quei pescatori, sfiduciati, increduli, paurosi. Lui ci invita ad avere fede, fiducia, non in un suo intervento miracoloso, ma nella sua Parola, che è essa stessa miracolo perché se vissuta cambia il mondo. E ciò che sembrava impossibile diviene possibile!

don Paolo Zambaldi

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