venerdì, Aprile 19, 2024

Attenzione all’apartheid sanitario (Jayati Ghosh)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

La casa farmaceutica statunitense Pfizer e il laboratorio tedesco Biontech hanno annunciato che, secondo i primi test clinici, il loro vaccino contro il covid-19 ha dimostrato un’efficacia superiore al 90 per cento. Il 16 novembre l’azienda di biotecnologie statunitense Moderna ha annunciato che il suo vaccino sperimentale si è rivelato efficace al 94 per cento. In tutto il mondo la notizia ha suscitato la speranza che la vita possa presto tornare alla normalità. Questa speranza però potrebbe durare poco. L’annuncio ha anche spinto i governi a sgomitare per rivendicare il loro accesso al vaccino, realizzando una fosca previsione: i paesi ricchi monopolizzeranno le prime dosi di qualsiasi vaccino efficace.

Il Covax, il programma globale per la distribuzione del vaccino guidato dall’Organizzazione mondiale della sanità, dalla Cepi (una coalizione per la prevenzione delle epidemie con sede in Norvegia, finanziata dalla fondazione Bill e Melinda Gates e da alcuni governi) e dall’alleanza Gavi (alla quale aderiscono alcuni paesi in via di sviluppo), è stato creato per scongiurare questa possibilità. Il Covax dovrebbe garantire che tutti i paesi abbiano accesso alle dosi. È nato anche per evitare che i paesi ricchi si accaparrino il vaccino. Finora al progetto hanno aderito più di 180 paesi, che rappresentano quasi due terzi della popolazione mondiale. Tra questi ci sono 94 stati ad alto reddito, ciascuno dei quali ha preso degli impegni vincolanti. Avranno tutti accesso ai vaccini nella lista del Covax e ognuno pagherà le proprie dosi. I 92 paesi a basso reddito invece le riceveranno gratuitamente.

Il piano Covax prevede di distribuire il vaccino in due fasi. Nella prima tutti i paesi partecipanti dovrebbero ricevere le dosi in proporzione alla propria popolazione, con un numero di vaccini sufficiente a immunizzare il 3 per cento delle persone più a rischio, in particolare il personale medico e assistenziale. In seguito sarebbero distribuite nuove dosi destinate ad anziani e persone affette da altre malattie, fino a quando il 20 per cento della popolazione di ciascun paese sarà immunizzato. Nella seconda fase i vaccini sarebbero distribuiti a paesi specifici in base alla velocità con cui si diffonde il virus, alla diffusione di altri patogeni (come il morbillo), e alla vulnerabilità al rischio di sovraccarico degli ospedali. Date le limitazioni esistenti – il vaccino della Biontech e della Pfizer, per esempio, dev’essere somministrato due volte a distanza di tre settimane, e al massimo solo 1,35 miliardi di dosi potranno essere prodotte entro la fine del 2021 – è difficile immaginare un sistema più equo.

Rischio monopolio
Tuttavia ci sono alcuni ostacoli. Primo fra tutti il fatto che gli Stati Uniti, a differenza della Cina, che l’ha fatto a ottobre, non hanno ancora aderito al Covax. Naturalmente nessuno si è stupito del rifiuto di Donald Trump, ma ci sono buoni motivi per sperare che il prossimo presidente Joe Biden sarà più disponibile. Nel frattempo la Cina ha lavorato in maniera aggressiva e indipendente allo sviluppo di un suo vaccino: almeno quattro potenziali candidati sono ora alla sperimentazione di fase tre.

C’è un altro problema: i paesi che aderiscono al Covax sono anche in competizione tra loro per assicurarsi accordi bilaterali con le case farmaceutiche. Il Regno Unito ha prenotato quaranta milioni di dosi del vaccino Biontech-Pfizer; l’Unione europea ha concluso un accordo per un massimo di trecento milioni di dosi; gli Stati Uniti, con una popolazione di 328 milioni di abitanti, hanno ordinato cento milioni di dosi e hanno il diritto di acquistarne altri cinquecento milioni, un obiettivo così alto da far pensare a un tentativo di monopolizzare il mercato. Anche il Brasile – che aderisce al Covax – è in trattative con la Pfizer. E lo stesso vale per molti altri paesi.

Pochi giorni dopo il suo annuncio, la Pfizer ha venduto più dell’80 per cento delle dosi che riuscirà a produrre entro la fine del prossimo anno a governi di stati dove vive il 14 per cento della popolazione globale. In pratica, se questo sarà il primo vaccino efficace ad arrivare sul mercato, la maggioranza della popolazione mondiale non potrà averlo.

Ci sono altri vaccini candidati: attualmente più di duecento, di cui circa cinquanta in fase di sperimentazione clinica. I governi dei paesi ricchi hanno già concluso accordi per un accesso prioritario ai vaccini sviluppati, tra gli altri, dalla Moderna, dalla Johnson & Johnson, dalla AstraZeneca. Ovviamente i paesi poveri non hanno questa possibilità.

Una pandemia può essere superata solo quando viene sconfitta ovunque. Adottare un sistema “paese per paese” è irrazionale. Eppure è esattamente quello che sta succedendo. Se non cambiamo rotta, l’apartheid sanitario globale si radicherà sempre di più, portando le disuguaglianze a nuove vette. E la pandemia sarà ancora tra noi. Avremo semplicemente aggiunto nuovi problemi a quelli che non siamo stati in grado di risolvere.

 

(Traduzione di Federico Ferrone)

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