giovedì, Marzo 28, 2024

Visitazioni: I gruppi donne delle CdB e le molte altre si raccontano

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

…“In quei giorni Maria si mise in viaggio, in tutta fretta, per la montagna, verso una città della Giudea: ed entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta”… (Luca 1,39)

IL PERCHÈ DI UN RACCONTO

Il racconto della Visitazione ci regala l’immagine che più assomiglia e più ispira i percorsi delle donne che desiderano camminare insieme per mettere al mondo il mondo in pienezza.

In questo tempo di pandemia sono incredibilmente fiorite o rifiorite tante relazioni a distanza. Abbiamo avuto l’occasione di conoscere donne con le quali difficilmente ci saremmo potute incontrare in presenza, né mai avremmo potuto intessere relazioni così intense e frequenti, anche oltre oceano, dalle quali sono scaturite nuove esperienze, nuovi pensieri e grandi possibilità di scambio.

Abbiamo gioito di questa fioritura e di questa abbondanza di libertà femminile incontrata; nella speranza di suscitare il desiderio di conoscere il lungo cammino della nostra esperienza ci è sembrato importante raccontare anche la nostra storia di “VISITAZIONI”,che troverete nella versione integrale selezionando il seguente link: https://www.cdbitalia.it/upload/gdonne/Visitazioni.pdf

Di seguito condividiamo i titoli, le parole chiave, le tappe, le modalità di procedere, qualche data importante, rimandando al testo e alle sue pagine chi vorrà approfondire, accogliere, abbracciare non solo una narrazione, ma il corpo vivo e caldo del nostro vivere e sentire comune.

 

LA NOSTRA STORIA, LE NOSTRE SCOPERTE, IL NOSTRO FUTURO

Il nome e le origini

Gruppi Donne Comunità di base (Cdb) e non solo…è il nome che abbiamo scelto all’inizio per la nostra casa comune, costruita originariamente attorno all’esperienza delle donne delle comunità cristiane di base e arricchitasi poi con un percorso condiviso e una rete di relazioni. Un nome che si è trasformato in Gruppi Donne Comunità di base e le molte altre, (ispirandoci alla felice intuizione del libro di Carla Ricci “Maria di Magdala e le molte altre”). Ora, grazie alle molte “Visitazioni” di questi anni e di questi mesi, potrebbe trovare altre declinazioni!

A partire dal 1968 molte donne e molti uomini credenti di varia provenienza, delusi dal cattolicesimo tradizionale, sentirono l’esigenza di tradurre in radicale fedeltà al Vangelo gli stimoli suscitati dal Concilio Vaticano II. Questo portò alla nascita, su tutto il territorio nazionale, delle Comunità cristiane di base (Cdb). Cristiane, e non cattoliche, perché si volle dare ad esse un respiro ecumenico, in comunione con le altre chiese cristiane.

Ben presto maturò tra molte donne delle Cdb una coscienza critica nei confronti della Chiesa patriarcale e gerarchica che ha dato origine a una tradizione narrativa orale e successivamente a un testo scritto escludente. Questa criticità venne riconosciuta ed affrontata dalle comunità nel seminario “Le scomode figlie di Eva. Le Cdb si interrogano sui percorsi di ricerca delle donne”, che si tenne a Brescia nel 1988, un vero spartiacque verso l’uscita dall’assimilazione al mondo degli uomini.

In quell’occasione, e per la prima volta, un gruppo di sole donne presiedette l’Eucarestia. L’efficacia simbolica di quel gesto eucaristico al femminile ebbe forti ripercussioni sui percorsi successivi delle donne delle Cdb e non solo. S’irradiò un forte desiderio di libertà femminile, che apriva possibilità inedite all’espressione della propria differente ministerialità all’interno della Chiesa. Il pane spezzato e distribuito da mani di donne riconduceva al banchetto pasquale delle famiglie ebraiche, alla naturalezza di gesti quotidiani condivisi nelle case, sulla tavola. Nel rapporto donna con donna si acquisiva indipendenza simbolica, cogliendo il proprio valore. Questa prima celebrazione fu l’inizio della nostra lunga ricerca e della pluriennale pratica di liturgie celebrate da donne (v. testo integrale pagg. 2-5).

Le visitazioni e la svolta di Barcellona

In tutta la seconda parte degli anni ‘80 presero corpo le prime ‘visitazioni’ internazionalicon ledonne delle Cdb francesi e olandesi: donne che si mettevano in cammino per raggiungere altre donne.

Nel 1988 il Consiglio Mondiale delle Chiese dichiarò “Il decennio delle chiese in solidarietà con le donne” e tra il ‘90 e il ‘95 si sviluppò una rete di incontri sinodali che preparò la strada al primo Sinodo Europeo delle donne, che si svolse nel ‘96 a Gmunden in Austria (a cui partecipò una delegazione dei gruppi donne Cdb italiane) con il titolo “Donne per il cambiamento del XXI secolo” e un’adesione di 1200 partecipanti. 

I sinodi delle donne hanno offerto, e possono offrire tuttora, un modello di partecipazione diverso da quello tradizionale: non vi erano delegate a parlare, ogni donna portava la propria esperienza, parlava a nome proprio, offrendo le proprie capacità e competenze, mettendosi in gioco in prima persona. Una modalità che richiama il significato etimologico della parola “sinodo”, che significa camminare insieme.

 Le donne Cdb, insieme a molte altre donne provenienti da Chiese e da associazioni laiche e religiose, vennero invitate nel 2003 a Barcellona per il secondo Sinodo Interreligioso Europeo delle donne, che si svolse dal 5 al 10 agosto in un campus universitario. 

L’esperienza fu intensa e travolgente, animata dalla presenza di circa 700 donne cristiane, musulmane ed ebree provenienti da una trentina di Paesi europei e da Africa, America, Asia, tra cui circa quaranta italiane, provenienti da aree diverse. 

L’entusiasmo e la gioia di essersi incontrate alimentò il desiderio di ritrovarsi con urgenza, così che a pochi mesi di distanza, nel gennaio del 2004, le partecipanti italiane al Sinodo di Barcellona si incontrarono a Milano, manifestando la necessità di intraprendere un percorso comune, nel rispetto di tutte le diversità. Si decise di accogliere l’ospitalità offerta dalle donne delle Cdb, come nucleo centrale del nostro cammino.

Iniziò così il percorso di un soggetto plurale, nato dall’incontro tra donne accomunate dalla passione della ricerca nei campi della spiritualità e della fede: ‘Thea-teologia al femminile di Trento’, ‘Il cerchio della luna piena” di Padova, ‘Femmis’ di Verona, ‘Gruppo Promozione donna’ di Milano, ‘Il Graal’ di Milano’, ‘Donne in cerchio’ di Roma,‘Donne in ricerca’ di Padova, Ravenna e Verona, ‘Identità e Differenza’di Spinea (VE), ‘Raab volontari di strada’ di Rovereto (TN), fino ad arrivare alla più recente partecipazione di donne della “Sororità” di Mantova e dell’Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne (OIVD), fondato a Bologna nel marzo del 2019 (v. testo integrale pag. 5-9).

Il nostro procedere a spirale

Anche negli incontri di questo nuovo più vasto gruppo si è mantenuta la scelta di stare solo fra donne: “Questo è stato ed è per le donne un ‘luogo’ possibile di parola e di azione, in cui esse si pongono al centro come soggetti autonomi di riflessione sulle loro relazioni col Divino, scandagliando dentro le loro esperienze, rileggendo in modo critico, con “sguardo di donna”, la tradizione biblica, cercando nuovi strumenti di conoscenza e avendo come punto di riferimento quella sapienza del “partire da sé”, quella attenzione alla dimensione corporea, propria della cultura delle donne” (da “Maddalena e le altre. La chiesa, le donne, i ministeri del vissuto di una storia”, della Comunità cristiana di base di s. Paolo, Roma 2020).

Il nostro percorso pluriennale si è svolto con un andamento a spirale sia per le tematiche che nella metodologia, attraverso la pratica dello “smontare impalcature”, intrecciata alla “tessitura di relazioni”. Sempre ponendoci dentro e fuori dalla tradizione con libertà di movimento, mostrando a noi stesse che l’universale neutro è una gabbia illusoria, una costruzione cultural-patriarcale. 

L’uomo non è l’umanità, ma esistono uomini e donne nella loro differenza e possono avere cose diverse da dire; di conseguenza il percorso è servito a creare un luogo dove fare comunità, dandoci forza, autorità e libertà da portare poi nei luoghi misti, come misura femminile del mondo (v. testo integrale pag. 15-16).

La teologia femminista

Abbiamo “abbracciato” la teologia femminista iniziando a studiare, a leggere, a confrontarci con le amiche teologhe. Quando ci si abbraccia occorre lasciarsi coinvolgere: se da una parte c’è resistenza, l’abbraccio scioglie ogni riserva e accomuna… e così è stato. Abbiamo assimilato diversi criteri di riflessione, di lettura degli scritti religiosi e delle tradizioni: abbiamo cercato di fare esegesi biblica con metodo storico-critico. Ci siamo domandate non solo chi ha scritto i testi “sacri” e a chi erano rivolti, ma in quale contesto di società furono scritti, cosa viene nascosto o sottaciuto: è l’“ermeneutica del sospetto”, metodo promosso dalla grande teologa femminista cattolica Elizabeth Schüssler Fiorenza.

La teologia femminista ha radici profonde nel modo di vivere e di partire da sé nelle pratiche del movimento delle donne, in tutti i paesi del mondo ove si è sviluppata: è una nuova prospettiva di liberazione per tutti, uomini e donne, ma è una scoperta delle donne, emersa nel percorso fatto dalle donne sulle tematiche a loro più care

Il nostro lavoro si è sempre intrecciato con le pratiche del femminismo, in uno scambio di conoscenza e di confronto che ci ha guidate all’acquisizione di competenza simbolica autonoma rispetto al simbolico patriarcale, al riconoscimento dell’ordine simbolico della madre e della nostra genealogia femminile e alla pratica delle relazioni, dandoci l’autorità necessaria per modificare il nostro linguaggio, i luoghi di riferimento, le immagini e i simboli (v. testo integrale pagg. 17-19).

La svolta del divino leggero

A un certo punto, però, abbiamo trovato un ingombro e un’esigenza profonda ci ha fatto capire che dovevamo spingerci a indagare su Dio. Quale approccio volevamo avere alla trascendenza?

Andare aldilà di Dio Padre (Mary Daly), verso Colei che è (Elizabeth Johnson)? Seguire la via mistica, sperimentando Dio nell’illuminazione interiore? O trovare il Dio che risponde alla profondità della mia identità e che è in me come potenza liberatrice? Eravamo abitate dal desiderio di dare spazio a una teologia vivente, a dire Dio a partire dalla nostra personale esperienza. Ritrovare questo desiderio era l’unico modo per volare alto senza abbandonare il terreno concreto della realtà. 

Abbiamo cominciato a mettere in discussione la figura del Dio patriarcale, nel nome del quale le genti si sono sempre divise: un Dio usato a supporto di guerre e conflitti, un Dio usato per vincolare la libertà femminile. Insieme, attraversando questa indagine, abbiamo preso coscienza del fatto che queste immagini e questi linguaggi teologici non corrispondono più a nostre esperienze vitali, e della profonda relazione esistente tra le religioni del Padre e la violenza, compresa quella sulle donne.

Abbiamo avvertito il disagio della “mancanza” di pezzi di tradizione, di simboli, di parole, di relazioni in cui rispecchiarci (Luce Irigaray) e la difficoltà a trovare segni, gesti e parole “incarnate” per s-velare e dire il divino che è in noi. Come Maria, madre di Gesù, ha accolto nel suo cuore l’annuncio dell’Angelo, meditandolo e lasciandosi toccare nel profondo da ciò che stava accadendole, anche noi abbiamo condiviso un pensiero meditante che si apre al mondo (v. testo integrale pagg. 23-24).

Le nostre pratiche

Questa lunga strada si è dipanata nel procedere fianco a fianco l’una dell’altra, camminando nelle orme di chi ci precede e lasciando una traccia per chi ci segue. Lo abbiamo fatto attraverso i nostri convegni annuali, durante i quali, insieme al dibattito e alla ricerca teologica e di vita in comunità, momento centrale sono state le nostre liturgie (v. appendice testo integrale) eil lavoro sul corpo, sperimentato nei tanti laboratori posti a premessa dei nostri lavori. 

A volte, inaspettatamente, si sono aperti scenari nuovi: abbiamo vissuto emozioni profonde e siamo riuscite a riportare ad unità l’intero nostro essere, mentre la tradizione considera la mente superiore e perciò separata da corpo ed emozioni, accostate all’idea di peccato e impurità. E’ possibile fare teologia corporea? La nostra esperienza ci dice di sì, se fede non è un gran fumo d’incenso nel tempio, ma asciugare lacrime, tenere viva la speranza e amare la vita (v. testo integrale pagg. 11-13).

Abbiamo maturato la convinzione che il discorso sulla spiritualità non sia astratto e che il senso di mancanza e di disagio avvertito e sofferto dalle donne non si riferisca a qualcosa che ci è stato sottratto dall’esterno e da riconquistare, bensì nasca dal nostro essere più profondo. Questa pratica è, sì, interiore e personale, ma allo stesso tempo politica e pubblica, come ci ha insegnato il femminismo. Stare concretamente dentro la storia nel suo farsi e alimentarla con un agire che nasce dall’interiorità: questa è la misticopolitica (Antonietta Potente) che ci ha accompagnate e ci accompagna nella nostra ministerialità dis-ordinata, molto distante dalla religiosità rituale e più vicina alla fede vissuta nei gesti del quotidiano (v. testo integrale pag. 24).

Il nostro futuro

Vorremmo continuare ad essere e diventare insieme un annuncio profetico, intendendo la profezia come provocazione al cambiamento (Adriana Valerio), a un mutamento epocale in cui, attraverso le nostre piccole quotidiane sottrazioni, non arrivino più mattoni per riparare strutture estranee al nostro essere donne, dando invece ali al soffio di quel divino che tra noi abbiamo scoperto essere “leggero”.

Ciò che abbiamo condiviso e che vorremmo continuare a condividereè il desiderio di costruire una visione comune. Insieme a tutte le donne che sentono la necessità di smascherare le radici di un immaginario patriarcale, misogino, androcentrico. Le molte donne impegnate nelle parrocchie, nella catechesi, nei gruppi locali, le nostre sorelle suore, e anche le donne di tutte le fedi o religioni, accomunate dal desiderio di mettere in atto un cammino di libertà femminile che non ha bisogno di benedizioni dall’alto (v. testo integrale pagg. 25-29).

Siamo contente, quindi, di poter mettere a disposizione delle nostre amiche, in un incontro molto più vasto, l’esperienza acquisita di gruppi e di relazioni, le nostre riflessioni, il nostro impegno, i nostri “talenti” e le nostre competenze per le comunità del futuro, per una “Chiesa altra”, in attesa di una nuova Pentecoste, che cambi radicalmente teologie e prassi secolari non più accettabili. 

Per questo, senza chiedere il permesso, sono già in cantiere proposte e azioni che possiamo condividere e altre che, insieme, potremo immaginare, progettare e realizzare. Le crepe si sono aperte: ora sta a noi saperle allargare per una “Chiesa altra”, in attesa di una nuova Pentecoste (v. testo integrale pag. 25-29).

Avverrànegli ultimi giorni – dice Dio – su tutti effonderò il mio Spirito; i vostri figli e le vostre figlie profeterannoi vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno sogni”(Atti degli Apostoli 2,16, Gioele 3,1-5).

23 maggio 2021 – Pentecoste

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