giovedì, Aprile 18, 2024

Differenze da valorizzare (Svamini Shuddhananda Ghiri)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Esaltata e vituperata, osannata e osteggiata, la donna, e più in generale il femminile, ora assurge a espressione sublime di Dio, di Madre munifica e potente, ora si inabissa nella malvagità maschile, che la avvilisce a essere inferiore, diabolico, talora impuro, merce di scambio o di possesso. Nell’induismo l’atteggiamento nei confronti della donna è stato, ed è tuttora, ambivalente. La dimensione femminile, dunque, intrecciata ad aspetti culturali e religiosi, sociali ed economici, ne esce emancipata o totalmente sopraffatta

In India e altri Paesi la contorta e antica commistione di povertà e ignoranza fa degenerare il valore religioso in superstizione. È necessario operare un distinguo fondamentale tra la storia della religione e il valore religioso in sé stesso. Di fronte a questo scenario di forti chiaroscuri, si pone la sfida più grande: riscoprire la potenza del femminile, senza scivolare in sterili omologazioni al ruolo maschile, bensì valorizzando le reciproche differenze.
La tela del mondo, con i suoi numerosi popoli e culture, dipinge questo schizzo in chiaroscuro da tempi immemori, ripresentando archetipi di comportamento trasversali a tutte le longitudini, a tutti i tempi, seppure con sfumature più o meno tenui.

La donna nell’induismo
L’universo donna nell’induismo si dirama sostanzialmente in tre filoni:
• Donna come madre e moglie;
• Donna come mistica e monaca;
• Donna come aspetto del Divino.
Un passo della Taittiriya-upanishad recita: «Onora la madre come Dio, onora il padre come Dio, onora il Maestro come Dio, onora l’ospite come Dio».
Questo verso è significativo, in quanto mostra la grande importanza del ruolo materno all’interno della famiglia. La madre, custode della tradizione ed espressione della conoscenza e delle virtù, deve essere “onorata come Dio”. A lei spetta, infatti, l’educazione di figli e figlie. Come moglie è chiamata dharmapatni, ovvero compagna nel dharma del marito. Le Scritture descrivono Savitri, Sita e Draupadi come esempi di mogli e madri perfette.
Oltre a loro, i Veda riportano storie e insegnamenti di donne ascete e mistiche chiamate Brahmavadini. Tra queste si distinguono Gargi o Maitreyi.
Nel corso dei secoli, l’India visse un periodo di grandi invasioni straniere che ne mutarono l’assetto socio-politico provocando un inasprimento e una cristallizzazione dei codici normativi. La condizione della donna risentì di tali pressioni perdendo parte dei benefici che godeva nel periodo vedico. Il suo ruolo fu relegato prevalentemente a quello di madre e di moglie. Ciononostante, non mancarono figure di donne mistiche, come Mirabai, Andal, Karaikkal, soprattutto in seguito allo sviluppo dei movimenti devozionali della bhakti.

Monache: una realtà da scoprire
Se ancora poco si conosce dell’induismo, ancora meno si sa del monachesimo induista e quasi nulla del monachesimo femminile.
La storia religiosa induista è costellata di figure di donne ascete, mistiche e monache, che nel corso dei secoli si sono distinte per la loro devozione e la loro dedizione totale alla ricerca del Divino. Il monachesimo femminile, dapprima presente in forme autonome e indipendenti, ha raggiunto una maggiore strutturazione negli ultimi secoli. Oggi esistono monache induiste che fanno capo ai dieci ordini monastici ortodossi codificati da Shri Adi Shankara, i dashanami.
In Italia il monachesimo induista femminile è rappresentato proprio da uno di questi: quello dei Ghiri, della “montagna”. In Liguria, nel monastero di Altare, Matha Gitananda Ashram, vivono monache samnyasini, appartenenti a questo ordine di tradizione shakta, in cui il Divino è raffigurato in forma di Madre.

Dio al femminile
Nell’induismo si incontrano, fin dai tempi remoti, riferimenti al Divino rappresentato in forma femminile.
Nel Veda, seppure prevalgano divinità maschili, vi sono Vac, la Parola creatrice di ogni aspetto della manifestazione, e Usha, l’Aurora.
L’immagine del Divino come donna si definisce sempre di più nel periodo puranico, chiamato così per la letteratura che lo caratterizza – i Purana. La Trimurti femminile formata da Sarasvati, Lakshmi e Durga, rispettivamente l’aspetto creativo, conservatore e trasformatore della manifestazione, mostra l’altra “faccia” dell’ideale femminile: quella della potenza pura, energia creatrice in grado di distruggere i demoni dell’ignoranza e di tutti mali che affliggono l’ umanità.
In un bellissimo passo di una Scrittura shakta si legge: «Tu, o Devi, o Madre Divina, sei l’Assoluto, tutte le forme di conoscenza sono contenute in Te; tutte le donne nel mondo sono espressioni di Te».

Valori da trasmettere
Molte donne hanno il merito di aver favorito il dialogo tra le fedi. Emblematico il caso della moglie del sovrano Akbar. Lei, induista, e il sovrano, musulmano, furono un esempio di rara eccellenza di dialogo e apertura religiosa e culturale.

 

(Svamini Shuddhananda Ghiri, Combonifem03 Dicembre 2018)

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