giovedì, Marzo 28, 2024

Soldati e coloni israeliani puntano come nuovo obiettivo ad attaccare le scuole palestinesi (Gideon Levy e Alex Levac)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

I soldati israeliani impediscono con la forza a questi bambini palestinesi di raggiungere la scuola e sparano lacrimogeni nelle aule. I coloni li insultano, li aggrediscono e umiliano i loro insegnanti. Immaginate che tipo di sentimenti si stanno diffondendo qui.

Nessuno sta ricevendo lezioni migliori sulle dottrine dell’occupazione e dell’apartheid dei bambini di Lubban al-Sharqiyah, un villaggio di 4.000 abitanti situato a 15 chilometri a sud di Nablus. Non è difficile indovinare che tipo di sentimenti si stanno sviluppando lì e quali generazioni future usciranno dalle sue due scuole elementari, una maschile e una femminile, di Lubban e di altri due villaggi. Gli edifici si trovano entrambi vicino alla Statale 60, la strada più trafficata della Cisgiordania, utilizzata sia dai coloni che dai palestinesi, e dove si sono verificati molti incidenti con lancio di pietre da parte di giovani palestinesi.

I bambini di questo villaggio hanno visto tutto. Hanno visto soldati israeliani impedire loro con la forza di raggiungere la scuola e coloni insultarli e aggredirli. Sono stati intossicati con i gas lacrimogeni e colpiti con proiettili di gomma sulla strada per la scuola e al ritorno. Hanno visto i loro insegnanti umiliati, secondo le testimonianze, i soldati hanno costretto più volte gli insegnanti a inginocchiarsi davanti ai loro alunni, e hanno visto soldati lanciare lacrimogeni nelle aule e nei cortili delle scuole.

A Lubban al-Sharqiyah, i genitori mandano a scuola i figli la mattina senza sapere in quale stato torneranno. Il capo del Consiglio locale, infatti, Yakub Iwassi, racconta di arrivare all’ingresso del villaggio ogni mattina alle 6:30 per accompagnare i bambini a scuola e garantire la loro sicurezza. Sebbene si siano verificati episodi di lanci di pietre sulla Strada Statale, secondo il capo del Consiglio, oramai appartengono al passato. Non ci sono stati incidenti nelle ultime due settimane, aggiunge Iwassi, e lui e la sua squadra stanno facendo tutto il possibile per prevenirli. Recentemente squadre di genitori si sono offerte volontarie per filmare e documentare ciò che accade vicino alle scuole.

L’insegnante di studi religiosi della scuola femminile, Iman Daragme, è la madre di Ziyad, 14 anni, che frequenta la scuola maschile. L’alunno di terza media ha subito una lesione all’occhio durante l’ultimo giorno di disordini vicino alla scuola, il 17 novembre. Quella mattina, racconta Ziyad, è partito come al solito ma quando è arrivato all’incrocio appena fuori dal villaggio, ha visto dozzine di coloni lungo la strada che porta alle scuole, stima fossero circa 200, e soldati delle Forze di Difesa Israeliane fermi accanto a loro. I coloni stavano protestando contro il lancio di pietre sulla Statale e i soldati hanno impedito ai bambini di proseguire. Ma Ziyad dice che quel giorno non c’è stato alcun lancio di pietre.

Sua madre ha molto da fare con lui. Ha un braccio fasciato, ma non a causa degli eventi di quel giorno: domenica si è contuso cadendo dalla bicicletta.

Erano le 7:30 di quel mercoledì mattina di qualche settimana fa. La situazione ha iniziato a scaldarsi. I bambini si sono precipitati verso la scuola, i coloni hanno continuato la loro manifestazione mentre i soldati iniziarono a sparare lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere i bambini e costringerli a tornare al loro villaggio. Ziyad, da parte sua, è sicuro che il piano dei coloni sia rendere la vita degli alunni insopportabile: “I coloni vogliono chiudere la scuola in modo da poterne prenderne il controllo”, ci dice. “Hanno anche preso il controllo di Khan al-Ahmar vicino al villaggio”.

Gli scontri sono continuati sulla strada per la scuola e nel tardo pomeriggio. La maggior parte degli abitanti del villaggio è arrivata all’incrocio, il sito sembrava un campo di battaglia. Secondo un membro del consiglio del villaggio, Falastin Noubani, quel giorno 60 bambini hanno sofferto in qualche modo di intossicazione da gas lacrimogeni e non sono mai arrivati ​​a scuola; 40 sono stati feriti da proiettili di gomma, quasi tutti in modo lieve. Ma un ragazzo, Ziyad Salame, 11 anni, è stato colpito da un proiettile alla testa.

Inizialmente si temeva per la sua vita, a causa di un’emorragia intracranica. Alla fine, si è risolta e il pericolo è passato. E Ziyad Daragme, il figlio dell’insegnante, fu colpito agli occhi da una scheggia o da qualche altro oggetto. È stato portato all’ospedale governativo Yasser Arafat a Salfit, e da lì inviato all’ospedale oculistico Hugo Chavez a Turnus Aya, vicino a Ramallah, dove è stato medicato.

L’Unità del Portavoce dell’IDF questa settimana ha emesso la seguente dichiarazione sulla situazione a Lubban al-Sharqiya: “Alla luce dei recenti attriti e disordini nelle vicinanze del villaggio, che ricade sotto la giurisdizione della Brigata Territoriale Binyamin, sono stati presi provvedimenti dall’IDF, in coordinamento con i rappresentanti del villaggio, per contenere la situazione. In seguito a questi provvedimenti, le tensioni nella zona si sono notevolmente ridotte”.

Le due scuole di Lubban sono vicine l’una all’altra; entrambe si trovano proprio a ridosso della Strada Statale 60, a circa due chilometri dal centro del paese. Nel 2014, l’Amministrazione Civile, un ramo del governo militare in Cisgiordania, ha costruito una barriera lungo la Strada Statale, che protegge gli scolari dalle auto in corsa, e ha anche pavimentato per loro un marciapiede. Agli stessi palestinesi è proibito costruire qualsiasi cosa in quest’area: la Statale è nell’Area C, che è amministrata da Israele. Prima di questi miglioramenti, circa 20 bambini erano stati uccisi in incidenti stradali nel corso degli anni, sulla strada per la scuola e il ritorno.

Gli alunni iscritti alle due scuole sono 661: 421 nella scuola maschile e 240 nella scuola femminile. La scuola maschile è stata costruita nel 1944, quella femminile nel 1971, molto prima di tutti gli insediamenti, che ora stanno soffocando il paese da ogni direzione; alcuni di loro sono stati costruiti su terreni di proprietà del villaggio.

In una conversazione nel suo ufficio, il capo del Consiglio, Iwassi, un uomo d’affari di 58 anni che è tornato nella sua casa in Cisgiordania dopo aver trascorso 15 anni a Tampa, in Florida, ci racconta che negli ultimi mesi è stato minacciato dai soldati dell’IDF, armi in pugno, mentre accompagnava i bambini a scuola. Dice che è stato colpito due volte con proiettili di gomma e aggiunge che due settimane fa i soldati hanno fermato un ragazzo che stava andando a scuola e arrestato. Quando Iwassi ha protestato, i soldati gli hanno detto che il ragazzo, Muayid Hussam, 11 anni, aveva lanciato pietre sulla Statale tre giorni prima mentre andava a scuola. Hussam è stato preso in custodia e rilasciato quattro ore dopo. Iwassi ha indagato e scoperto che il giovane sospettato non era nemmeno andato a scuola quel giorno.

Il capo del Consiglio ci dice che ha disposto un insegnante ogni cento metri lungo il percorso che porta alle scuole per salvaguardare i bambini. In alcuni casi, dice, i coloni si fermano sul ciglio della strada e minacciano i giovani. Gli riferirono, per esempio, che un colono li aveva minacciati promettendo che le loro scuole sarebbero state trasferite ai coloni, e gli avevano anche detto che erano stati scelti nuovi nomi per le scuole: “Brooklyn” per la scuola femminile, “Bnei Yisrael” per quella maschile.

Issawi conserva le informazioni che ha raccolto nell’ultimo anno nel suo cellulare. L’esercito ha fatto irruzione nelle scuole otto volte durante le lezioni; le truppe hanno impedito agli alunni di raggiungere le scuole 76 volte. I droni sono stati avvistati cinque volte nell’area: non è chiaro se sia stato l’esercito o i coloni che li abbiano lanciati, ma hanno disturbato e spaventato i bambini. Furono lanciati gas lacrimogeni nelle aule sette volte e ogni volta gli edifici dovettero essere evacuati. Gli alunni sono stati aggrediti è picchiati 13 volte, ma non hanno riportato ferite. Tredici alunni sono stati presi in custodia per poche ore o pochi giorni. L’IDF ha chiuso i cancelli delle scuole 15 volte. I coloni hanno attaccato violentemente gli alunni sette volte. E ci sono stati circa 100 episodi, dice Issawi, in cui truppe minacciose o coloni stavano vicino agli ingressi delle scuole.

“Con quale diritto i coloni armati vengono al cancello di una scuola?” chiede il capo del consiglio. “Se io camminassi per strada armato, verrei arrestato immediatamente. In tutto il mondo i civili non possono andare in giro armati, solo la polizia e le forze di sicurezza. Allora perché i coloni possono farlo? A volte i coloni urinano davanti alle ragazze. Ho parlato con i soldati, ma non hanno fatto nulla. I coloni urlano contro i bambini: Questa è la nostra terra. Qui c’è posto solo per gli ebrei. Siete animali. Siete cani. Questa terra appartiene solo a noi. Morte agli arabi!”“Questa non è una vita”, continua. “I nostri figli non pensano all’apprendimento, ma solo a come tornare a casa sani e salvi. Gli insegnanti hanno paura per gli alunni. Non si può vivere così”. Il membro del Consiglio Noubani aggiunge: “I nostri figli hanno il diritto di camminare lungo il lato della strada per andare a scuola. Nessuno ci detterà dove i nostri figli possono camminare”.

C’è anche un sentiero sterrato verso la scuola da un’altra direzione, ma non serve tutti i residenti del villaggio.Iwassi: “Dobbiamo salvaguardare questo sentiero, perché ci sono bambini che vengono dall’altra parte della strada. L’esercito può dirmi quali bambini stanno creando problemi e io mi occuperò di loro. Tutto ciò che vogliamo è che i nostri figli possano studiare tranquillamente”.

Noubani racconta che negli ultimi anni ci sono sempre stati attacchi da parte dei coloni, ma non sono mai arrivati ​​alle scuole: “La presenza dei coloni è una novità. Provengono da tutta la zona, non solo dai vicini insediamenti. Eravamo abituati al fatto che abbattessero i nostri alberi, ma i loro attacchi ai nostri figli sono una cosa recente”.

Iwassi è d’accordo, osservando che mentre ci sono sempre stati attacchi da parte di soldati e coloni, non sono mai stati numerosi come l’anno scorso. Perché pensate che la situazione sia peggiorata, chiediamo. “Perché questo governo è un governo di coloni. Questo è il problema. Quando il Primo Ministro è amico dei coloni, questo è il risultato. Questo è il suo metodo. Il governo precedente era meno filo-coloni di questo”.

Nel corso degli anni, circa 5.000 dunam/km2 (1.250 acri) di terra sono stati sottratti a Lubban mentre venivano costruiti i vicini insediamenti di Ma’aleh Levona, Eli, Shiloh e Givat Harel.

“Tagliano i nostri alberi e bruciano i raccolti”, dice Iwassi. “Ti alzi la mattina e tutti i tuoi ulivi sono stati abbattuti. Vogliono una scuola vuota e un villaggio vuoto e un paese senza palestinesi”.

L’ultimo giorno del Ramadan di quest’anno, Ahmed Daragme, 34 anni, residente nel villaggio, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco dai soldati allo svincolo di Tapuah mentre tornava a casa dopo aver acquistato dei dolci per le festività. Le truppe pensavano che avesse in mano una pistola, ma non ce n’era traccia. Il suo amico Mohammed Noubani, 28 anni, che era con lui in macchina, è stato ferito gravemente e da allora è su una sedia a rotelle.

Qual è la cosa più difficile degli attacchi che coinvolgono le scuole, abbiamo chiesto a Iman, l’insegnante di studi religiosi: “Le imprecazioni che i nostri figli sentono dai coloni. E anche quando i soldati a volte stazionano vicino alle finestre delle aule. Questo spaventa i bambini”.

Sul muro della scuola femminile c’è un disegno di un’insegnante e degli alunni. “Insegnaci l’aritmetica e non le botte”, stanno dicendo gli alunni all’insegnante, in un gioco di parole in arabo.

Articolo originariamente pubblicato su Haaretz a tradotto in italiano da Beniamino Rocchetto

Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del comitato editoriale del giornale. Levy è entrato in Haaretz nel 1982 e ha trascorso quattro anni come vicedirettore del giornale. Ha ricevuto il premio giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio libertà di Lipsia nel 2001; il premio dell’Unione dei giornalisti israeliani nel 1997; e il premio dell’Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo nuovo libro, La punizione di Gaza, è stato pubblicato da Verso.

Alex Levac è diventato fotografo esclusivo per il quotidiano Hadashot nel 1983 e dal 1993 è fotografo esclusivo per il quotidiano israeliano Haaretz. Nel 1984, una fotografia scattata durante il dirottamento di un autobus di Tel Aviv smentì il resoconto ufficiale degli eventi e portò a uno scandalo di lunga data noto come affare Kav 300. Levac ha partecipato a numerose mostre, tra cui indiani amazzonici, tenutesi presso l’Università della California, Berkeley; la Biennale israeliana di fotografia Ein Harod; e il Museo di Israele a Gerusalemme. Ha pubblicato cinque libri.

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